18.
Una brutta faccenda

L’arresto del signor Sartou, dell’omonima agenzia di viaggi, fece un certo scalpore nel quartiere. La notizia occupò un po’ più di un trafiletto sull’edizione domenicale di Le Monde. Il figlio della signora Barduchon lo ritagliò e lo incorniciò. Salì su una scala e lo appese nel corridoio che conduceva allo studio verde, come un trofeo. Poi scese, spostò la scala e rimase a contemplarlo, tutto soddisfatto.

— Che cosa pensa di tanto profondo, Barduchon? — gli domandò Victor sbucando dall’ombra del corridoio. — Ha scoperto un nuovo segreto sull’universo?

— Abbiamo risolto il nostro primo caso.

— Può ben dirlo —. Il postino annusò l’aria con il suo naso affilato. — Gli altri sono già arrivati?

— Lei è il primo.

— Ho qualcosa per lei — disse il postino porgendogli un biglietto.

— Non è per me — constatò il figlio della signora Barduchon. — È per Janvier.

— Si fidi, se le dico che è per lei. Non sente il profumo?

— Femminile? — azzardò l’antiquario avvicinando il naso.

— Per l’appunto. Se mai l’avessi consegnato a sua moglie...

Il figlio della signora Barduchon rise. — Resta il fatto che il nome sul biglietto è il suo.

— Probabilmente perché non sapeva a chi altro indirizzarlo.

— Ma chi?

— Lo apra, prima che faccia notte!

— Lei lo ha già...?

— Una sbirciatina, forse... — sorrise il postino.

 

Una ventina di minuti dopo, erano tutti seduti attorno al tavolo dello studio verde. Oltre ai due Barduchon e ai fratelli Gaillard, c’erano Lalou, Janvier e Victor, che però non sembrava in grado di stare fermo sulla sedia per più di due minuti.

Il figlio della signora Barduchon si schiarì la voce. — Per riassumere, signori... i fatti del caso Deloffre sono andati in questo modo... —. A quel punto il giovane Barduchon mostrò la foto della contessa Blumier, scaricata da Internet da Lalou. — Qualche tempo fa, il signor Sartou adocchia la contessa Blumier, una donna ricchissima, vedova, di una certa età, con la passione per i viaggi, e fa in modo di diventare suo amico. Architetta poi un piano diabolico: scrive un testamento in cui si nomina unico erede di tutti i beni della contessa Blumier. Un testamento che, per essere valido, deve essere firmato dalla contessa stessa e da almeno due testimoni. Come fare a convincere la contessa a firmarlo? L’idea di Sartou è semplicissima. Organizza un viaggio premio a Biarritz, a cui partecipano sia la contessa sia i due amici...

— Deloffre e Ferblantier... — disse Annette.

— Esatto. Due tipi perfetti per il piano di Sartou. Entrambi poco appariscenti, introversi, senza moglie, né figli. Il primo lavora in una tipografia, il secondo come guardiano di notte. Durante il viaggio a Biarritz, con la scusa di firmare un gioco a premi abbinato al viaggio, Sartou fa siglare il testamento prima ai due amici, poi alla contessa. Il trucco è facile: basta sistemare i fogli in modo ingegnoso...

— Già, un vecchio trucco dei truffatori... — intervenne l’avvocato Janvier.

— ...E voilà, ecco che ha tra le mani un documento all’apparenza validissimo — riprese Barduchon. — Solo all’apparenza, però. Perché diventi valido, occorrono alcune cose...

— La prima è che muoia la contessa Blumier — disse Victor.

— Secondo voi l’ha uccisa lui? — domandò la signora Barduchon.

— Non credo — intervenne il principe del foro. — La contessa muore per cause naturali. Muore e basta. Ed è proprio la sua morte improvvisa che costringe Sartou ad accelerare i tempi...

— Il figlio della signora Barduchon annuì. — Sono d’accordo. Credo che Sartou volesse solo mettere da parte il testamento e rispolverarlo al momento giusto. Ma, poiché la contessa Blumier muore, lui deve far conoscere a tutti l’esistenza del testamento. E deve provvedere subito. Tuttavia ha paura che la figlia della contessa vada dai due testimoni a chiedere se davvero sua madre ha espresso davanti a loro la volontà di lasciare le sue ricchezze a uno sconosciuto. Quindi Sartou deve agire in fretta ed eliminarli entrambi.

— E intascarsi l’eredità — commentò Victor.

— Appunto. Con il povero Ferblantier gli va tutto bene. Ma con Deloffre, invece, le cose si complicano in modo inaspettato. Sartou, travestito da postino, porta a Deloffre una bottiglia di sidro avvelenato. Sa perfettamente quanto il bretone adori la bevanda. E può stare sicuro che, non appena l’uomo vedrà la bottiglia, non resisterà alla tentazione di assaggiarlo. Però quel giorno, quando si presenta da Deloffre, non lo trova. Entra in casa, dato che l’ex tipografo ha l’abitudine di lasciare la porta aperta, e lo aspetta. Deloffre non si vede, così Sartou tira fuori la bottiglia dal pacco azzurro, che butta nella spazzatura, e la lascia in bella vista sul tavolo. Poi se ne va.

— E ora il colpo di scena... — mormorò Fabò.

— Esatto. Perché i primi a entrare in quell’appartamento sono i coniugi Bloch. Hanno intenzione di parlare di persona con Deloffre, magari per accordarsi sui pagamenti arretrati...

— Come ormai sappiamo, e come la portiera mi ha confermato, i rapporti fra loro erano buoni — intervenne la signora Barduchon. — E, a parte la taccagneria della signora Bloch, probabilmente si sarebbe risolto tutto per il meglio...

— Già. Sennonché, quella sera, i due Bloch entrano in casa e aspettano anche loro Deloffre — proseguì Barduchon. — Adocchiano la bottiglia e decidono di servirsi due bicchierini. Sappiamo che Deloffre e il suo padrone di casa avevano l’abitudine di bere insieme un bicchiere di sidro ogni tanto, quindi perché non cominciare senza di lui? Uno per lei, uno per lui. Così, di fatto, si avvelenano da soli.

— Insomma, l’assassino uccide due persone sbagliate.

— Esattamente — riprese il figlio della signora Barduchon. — E, quando scopre la cosa, Sartou è furibondo: deve riuscire a uccidere Deloffre prima che finisca in carcere. Prova a investirlo, ma l’intervento dei nostri amici Gaillard...

— Noi non abbiamo fatto niente! — protestò Annette. — Abbiamo solo assistito alla scena!

— Tuo fratello la racconta un po’ diversamente — osservò Victor.

Fabò si strinse nelle spalle. — In effetti... magari ho calcato un po’ la mano...

— Fatto sta — tagliò corto il figlio della signora Barduchon — che anche l’investimento non funziona...

— E pensare che Deloffre si considerava sfortunato! — rise Lalou.

— Viene arrestato per alcuni giorni e poi, quando viene rilasciato, Sartou tenta il tutto per tutto, ricorrendo di nuovo a una bottiglia avvelenata... e portandosi pure una pistola, per ogni evenienza. È convinto che questa volta nulla lo possa fermare, ma non può sospettare che una squadra di detective è sulle sue tracce. E, in effetti, Lalou riesce a fermarlo...

— Se non foste arrivati voi...

— Mentre Janvier, Annette e Fabò chiamano la polizia, perché vada a casa di Deloffre.

— Appena in tempo!

Il gruppetto di investigatori cominciò a discutere animatamente i dettagli del caso. L’auto con cui Sartou aveva tentato di investire Deloffre era a noleggio? Che tipo era la figlia della contessa? Poi, una mezz’ora dopo, il giovane Barduchon riportò l’ordine nello studio verde.

— Un’ultima cosa! — esclamò. — C’è un biglietto che vorrei leggere a tutti voi!

— Un biglietto?

— Che biglietto?

— Che cosa dice?

Cari amici dell’Associazione contro i truffatori e i gaglioffi, — iniziò il figlio della signora Barduchon.

— Ma chi è?

— E perché ci chiama con quel nome idiota?

Non ho idea di come abbiate fatto, né per chi lavoriate, ma non posso che esprimervi la mia gratitudine. Non so se leggerete mai questo mio biglietto, che indirizzo all’unica persona della vostra benemerita organizzazione che ho avuto modo di conoscere, ma mi auguro che, in qualche modo, inaspettatamente, come voi avete fatto con me, questi auguri vi raggiungeranno. Firmato: la contessa Geneviève Blumier —. Quando il figlio della signora Barduchon terminò di leggere, nello studio calò il silenzio.

— Accidenti. Questi sì che sono complimenti.

— Che piacere avere aiutato una persona come lei.

— Una vera contessa.

— C’è altro, Barduchon?

Prima che l’eterno ragazzo scuotesse il capo, Fabò si inserì nella discussione: — Sì che c’è! Ed è l’unico modo per concludere tutta questa storia!

I gialli di vicolo Voltaire - Un bicchiere di veleno
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